“L’edificio sorprende con la sua forma ambivalente che fonde in sé gli elementi di architettura e di costruzione meccanica”. È la frase utilizzata dalla giuria del Premio Oderzo per San Lugano, un progetto che riesce a trasformare i limiti in valore. Nata sull’area della vecchia stazione ferroviaria dismessa, la casa della gioventù si sviluppa a partire dagli edifici esistenti – la stazione in stile imperial-regio del 1917 e la sottostazione di trasformazione dell’energia elettrica in stile moderno funzionalista del 1924 – per poi coinvolgere lo spazio esterno. Qui, dove un tempo correvano i treni di collegamento della Val di Fiemme, adesso sorgono i locali dormitorio per ragazzi e ragazze. Strutture tipo vagoni letto, calde e accoglienti, posizionate su rotaie.
L’importanza giocata dal ruolo storico dell’edificio esistente ha portato a una scelta architettonica conservativa. Corpo e facciata dell’edificio principale sono stati così mantenuti nel rispetto dell’identità originaria del luogo. Una ristrutturazione leggera, basata su minimi adattamenti interni dettati dall’esigenza di ospitare attività comuni come seminari e refettorio, una stretta relazione visiva dei locali dell’edificio, ripensati in un’ottica di ampia versatilità funzionale, e il rispetto degli spazi esterni hanno caratterizzato buona parte dell’intervento. Anche l’intento pedagogico della Gioventù Cattolica trova una corrispondenza architettonica coerente, data dalla semplicità delle forme e dall’utilizzo di materiali naturali.
L’esigenza di inserire uno spazio adibito a dormitorio, e quindi di ampliare la sottostazione di trasformazione dell’energia per ospitare la Gioventù Cattolica, porta con sé numerosi limiti di edificabilità legati al piano urbanistico comunale in vigore all’epoca. Il limite? Non era possibile introdurre alcuna costruzione con fondazioni. Da qui l’idea forte, coraggiosa, sorprendente: inserire un treno, elemento transitorio privo di radici fisse.
Sulla sede dell’originario tracciato ferroviario viene posato un binario della lunghezza complessiva di 50 metri circa. La costruzione in legno, collocata sullo chassis di cinque vagoni ferroviari, contiene circa 40 posti letto con i rispettivi bagni. Chassis e binario sono stati messi a disposizione dalle Ferrovie dello Stato. Il treno, inteso come edificio, ribalta il senso della temporaneità radicando un elemento architettonico inedito nel contesto dei famosi prati di larici del Parco naturale del Corno di Trodena.
La nuova struttura esterna è formata da cinque vagoni in legno, quattro sono dotati di letti a castello con 10 posti letto ciascuno, un bagno e un ripostiglio per i bagagli. Il quinto vagone è utilizzato come ripostiglio generale della colonia. Tra l’edificio storico della stazione e la fila dei vagoni è stata realizzata una banchina d’attesa in calcestruzzo nero gettato che funge da spazio comune e da accesso ai vagoni. Gli accessi, raggiungibili dalla banchina esterna attraverso una scala in ferro, si trovano tra un vagone e l’altro. Corpi illuminanti e arredamento interno sono stati totalmente disegnati dallo studio di architettura con l’intento di fornire stile e unità progettuale.